Hai mai sentito parlare di changeling? Magari ti è capitato di leggere una storia in cui si parla di fate che scambiano i propri neonati con quelli umani. Ebbene, sono molte le fiabe, perlopiù di matrice nord europea, che trattano questa tematica così delicata. Soprattutto in Scozia e in Irlanda, la questione dei “bambini delle fate” è sempre stata molto sentita, dando vita a racconti e leggende molto toccanti.
Ma che cosa significa “changeling”? Per spiegarlo sarà meglio fare un passo indietro…
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Dare un senso alla malattia e alla morte
Nei secoli passati, era molto difficile dare un senso alla malattia che poteva colpire i neonati o i bambini molto piccoli. Lo stesso discorso vale per gli handicap o per le malformazioni in genere. Prova a immaginare che cosa potesse significare per una coppia di contadini irlandesi nel 1600 mettere al mondo un bimbo con un aspetto “strano”, malaticcio, quando non evidentemente anomalo. Ai giorni nostri, nella maggioranza dei casi, un bravo specialista è in grado di fornire una diagnosi, ed è possibile intraprendere un percorso di cura o, nei casi più difficili, si può fare ricorso a mezzi ausiliari o palliativi. Ma nell’Irlanda del 1600, tutto ciò era semplicemente impensabile.
Che cosa poteva fare una madre che vedeva il proprio bambino comportarsi in maniera strana, deperire giorno per giorno, o che magari ravvisava in lui dei tratti somatici giudicati anormali? Non le rimaneva che una via: credere che le fate avessero scambiato il suo piccino con uno dei loro, il cosiddetto changeling. Credere allo scambio era una sorta di “via di fuga” per spiegare una situazione altrimenti senza soluzione.
I cosiddetti “bambini delle fate” erano dunque un modo per definire malattie infantili o handicap, come pure i casi di autismo o il deperimento dovuto a malnutrizione.
Lo scambio
Secondo le credenze popolari, i neonati delle fate erano spesso malaticci o comunque meno belli di quelli umani, ragion per cui queste erano solite operare uno scambio per assicurarsi una progenie sana. A quel punto, i genitori umani si trovavano ad avere a che fare con una creatura fatata, spesso difficile da gestire. Si narra che questi bambini avessero una fame spropositata, ma non crescessero, che avessero un aspetto perennemente malaticcio e che piangessero in continuazione, oppure che smettessero di parlare dimenticando anche le parole già conosciute, nel caso dei più grandicelli.
In genere, i genitori continuavano a prendersi cura del changeling sperando che si rimettesse in salute e che le fate, perciò, venissero a riprenderlo, restituendo il bimbo rapito.
Se disgraziatamente la malattia del bambino si aggravava, causandone la morte, ai genitori rimaneva una magra consolazione: immaginare che il loro vero figlio stesse vivendo felice nel Regno delle Fate.
I changeling e l’autismo
Da alcuni racconti si apprende che i bambini delle fate erano molto precoci: erano capaci di scavalcare le sbarre della culla quando erano ancora in fasce, riuscivano a suonare strumenti musicali in tenera età e, pur essendo impacciati, erano senz’altro più intelligenti dei bambini umani. Secondo alcuni studiosi dell’argomento, si tratterebbe di caratteristiche che potrebbero far pensare a forme di autismo. Di nuovo, è facile ipotizzare che i genitori, alle prese con bambini “difficili”, fossero propensi a immaginare uno scambio, per poter giustificare la diversità del proprio figlioletto.
Evitare lo scambio
Stando così le cose, era vitale giocare d’anticipo ed evitare lo scambio. Ma come si poteva fare?
Anzitutto, era credenza comune che le fate prediligessero bambini non battezzati, per cui si procedeva nel battezzare i neonati il prima possibile. Anche l’usanza di appendere un crocifisso in prossimità della culla era considerata un valido mezzo per tenere lontane le creature fatate. In alternativa, bastava lasciare accanto al piccino un oggetto in ferro, materiale insopportabile per le fate.
Essendo risaputo, inoltre, che le fate preferivano i maschietti, capitava che qualche mamma vestisse di rosa il proprio bimbo, volendolo far passare per una femmina e tenendolo così al sicuro.
La prova del guscio d’uovo
Ma come fare per verificare di avere davvero a che fare con un changeling?
Secondo le credenze popolari, bisognava prendere un mezzo guscio d’uovo e riempirlo di camomilla. A quel punto, il changeling avrebbe esclamato “In tanti anni della mia esistenza ne ho viste di cose, ma mai versare della camomilla in un guscio d’uovo“, dopodiché sarebbe sparito, permettendo al bambino vero di tornare a casa.
In conclusione…
La questione dei changeling è abbastanza triste, ma te ne ho voluto parlare perché ritengo sia un’ulteriore chiave di lettura delle fiabe. Spesso si dice che le fiabe sono un mezzo per comprendere e dare una spiegazione alla realtà, e così era soprattutto in epoche in cui scienza e conoscenza non erano ancora abbastanza evolute, per cui l’uomo cercava di dare un senso al mondo che lo circondava a modo suo. Lo scambio dei bambini a opera delle fate, in particolare, ne è un chiaro esempio.
Vorrei concludere questo articolo con una nota positiva: in Italia esiste un’associazione che si occupa di autismo, definita proprio “I bambini delle fate“. Nata dall’iniziativa di un padre alle prese con un figlio autistico, si occupa di raccogliere fondi per promuovere progetti di inclusione e sostegno alle famiglie che si trovano a dover gestire casi di autismo.
Conosci fiabe che trattano di changeling? Condividile nei commenti, le cercherò per poterle leggere!
Che l’incanto sia con te,
Antonella Arietano